I Napoletani e la Morte: il Cimitero delle 366 Fosse e quello Monumentale di Poggioreale
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I Napoletani e la Morte: il Cimitero delle 366 Fosse e quello Monumentale di Poggioreale
A Napoli la morte non è per sempre, ma vive, parla, vaticina, interpreta, consiglia. Non sono i vivi che parlano con il “caro estinto”, ma la “buonanima” che parla con i vivi: ce lo racconta magistralmente Eduardo De Filippo ne “Le voci di dentro” ed in “Non ti pago”. Con essa i napoletani hanno un rapporto mistico ed al tempo stesso teatrale: anche Totò, nel film “47 morto che parla” e nella celeberrima poesia “A livella”, descrive un approccio per nulla drammatico e sofferto, quasi filosofico, dei napoletani con la morte che, non a caso, viene chiamata Pasquale, come un vivo! Perché quella dell’antropologia partenopea è una morte carnale, anche se fatta di ossa, che non fa paura perché non produce terrore, ma fede, come ci raccontano alcuni dei luoghi simbolo che visiteremo, come il “Cimitero delle 366 fosse”, primo complesso funebre edificato nel Settecento a pochi passi dal Real Albergo dei Poveri, a cui era anche idealmente collegato, ed il Cimitero Monumentale di Poggioreale che, lungi dall’essere un luogo cupo e macabro, è un museo all’aria aperta dell’architettura e della scultura e si offre in tutto il suo fascino e in un’inaudita ricchezza di statue, storie e aneddoti curiosi: accanto al Quadrato degli Uomini Illustri, imponenti mausolei, cappelle private e monumenti realizzati dai più importanti scultori napoletani.